Mentre scrivo questo post, il weekend sta ormai per finire. Come ogni fine settimana, dovevo fare un milione di cose e ne ho fatte si e no mille. Il problema è sempre lo stesso: mi manca il tempo, tempo, tempo! Maledetto tempo. Forse dovrei programmare meno cose o avere meno aspettative, così non avrei sempre l’impressione di non aver fatto nulla. Sì, decisamente ci vuole un cambio di prospettiva. Da domani mi concentrerò per cercare di cambiare questo aspetto, ma non vi prometto niente ^_^
Il weekend appena passato è stato anche quello della Festa della Rete, dove sarei voluta andare anche io insieme alle mie amiche Bloggalline, ma non è stato proprio fattibile stavolta 🙁 Nonostante questo però, voglio fare anche qui i complimenti non solo alle Bloggalline in quanto tra i finalisti come miglior community, ma anche e soprattutto ad iFood – legato a doppio filo con la community – una nuova realtà nel mondo del web che in soli sei mesi ha raggiunto risultati strabilianti. E ci sono ampi margini di miglioramento! Per ora dico solo bravi a tutti, ma voi restate sintonizzati, che nei prossimi mesi ci saranno un po’ di novità anche da queste parti. Ssst, fateme sta’ zitta, ho già parlato troppo come al solito!Passiamo alla ricetta di oggi, va! Iniziamo col dire che viene da un libro che ho da pochissimo tempo, saranno un paio di settimane, ma che già è tra i miei preferiti e so che diventerà un testo di riferimento importante per me. Si tratta di Jerusalem, di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi. Il bello di questo libro è che non è solo un libro di ricette, ma racconta una storia, quella della cucina di Gerusalemme, una città fatta di contrasti, in ogni senso. Eppure, come spiegato anche dagli autori – ebreo israeliano uno, arabo palestinese l’altro – alla fine la cucina riesce a unire tutti, anche se lo stesso piatto magari è preparato in un modo dai palestinesi e in uno leggermente diverso dagli israeliani. La cucina come trait d’union, quindi. Qualcosa su cui riflettere, sicuramente.
Sfogliando il libro, appena arrivato, una delle ricette che mi sono subito segnata era proprio questa (i miei libri sono disseminati di post it, attaccati alle ricette che voglio provare). Naturalmente, appena ho letto il titolo (risotto di orzo) già sapevo che avrei dovuto fare una grande opera di persuasione nei confronti del maritozzo. Eh sì, perché io sapevo benissimo che l’orzo non lo mangia. E’ proprio una cosa che non gli piace. Eppure, potevo far leva su quell’unica volta che lo aveva mangiato di gusto. Eravamo in un ristorante che adoravamo e glielo avevano portato fatto a risotto con zucca e stracchino. Si era leccato pure le punte delle orecchie 😀 Con la consapevolezza di potermi giocare questa carta, gli ho fatto la proposta. Naturalmente la prima risposta è stata negativa. Totalmente negativa. Poi però, piano piano, con un’opera di convincimento che mi ha tolto le forze, alla fine ha ceduto e mi ha detto: “Okay, e fallo. Però voglio qualcosa di riserva, così se non mi piace lo lascio e mangio quella”. Okay, ci potevo stare. In fondo neanche io sapevo come sarebbe venuto, ma almeno così lo avrei potuto provare.
Insomma alla fine, domenica scorsa, ho deciso che l’orzotto di Ottolenghi sarebbe stato il nostro pranzo. Dopo un’oretta di preparazione – c’è quasi voluto di più a prendere e risistemare tutti gli ingredienti 😀 – l’orzotto era pronto. Ho fatto i piatti pregando che gli piacesse. Mica per altro, solo per poter dire ancora una volta TE L’AVEVO DETTO CHE ERA BUONO!
Ora, dovete sapere che io mio marito lo conosco meglio delle mie tasche. E so quando una cosa gli piace o no. E, sia chiaro, se non gli piace la lascia nel piatto. Senza fare storie o scenate, per carità, ma non la mangia o non la finisce. Quando ho visto quindi che mangiava l’orzo CON GUSTO, io già gongolavo. Ma lui, maledetto, perché lo sapeva che io stavo morendo dentro, non mi diceva nulla. Alla fine, naturalmente, ho sbottato e gli ho chiesto: “Beh? Ti piace? Sì, ti piace, lo vedo”. All’inizio ha provato a dire di no, a sminuire, a dire che lo stava mangiando solo per fame, perché sa che io così divento una iena. Ma poi ha finalmente sputato il rospo e detto che sì, era buonissimo, gli era piaciuto e dovevo anche rifarglielo.
Che soddisfazione immensa.
TE L’AVEVO DETTO!
Il weekend appena passato è stato anche quello della Festa della Rete, dove sarei voluta andare anche io insieme alle mie amiche Bloggalline, ma non è stato proprio fattibile stavolta 🙁 Nonostante questo però, voglio fare anche qui i complimenti non solo alle Bloggalline in quanto tra i finalisti come miglior community, ma anche e soprattutto ad iFood – legato a doppio filo con la community – una nuova realtà nel mondo del web che in soli sei mesi ha raggiunto risultati strabilianti. E ci sono ampi margini di miglioramento! Per ora dico solo bravi a tutti, ma voi restate sintonizzati, che nei prossimi mesi ci saranno un po’ di novità anche da queste parti. Ssst, fateme sta’ zitta, ho già parlato troppo come al solito!Passiamo alla ricetta di oggi, va! Iniziamo col dire che viene da un libro che ho da pochissimo tempo, saranno un paio di settimane, ma che già è tra i miei preferiti e so che diventerà un testo di riferimento importante per me. Si tratta di Jerusalem, di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi. Il bello di questo libro è che non è solo un libro di ricette, ma racconta una storia, quella della cucina di Gerusalemme, una città fatta di contrasti, in ogni senso. Eppure, come spiegato anche dagli autori – ebreo israeliano uno, arabo palestinese l’altro – alla fine la cucina riesce a unire tutti, anche se lo stesso piatto magari è preparato in un modo dai palestinesi e in uno leggermente diverso dagli israeliani. La cucina come trait d’union, quindi. Qualcosa su cui riflettere, sicuramente.
Sfogliando il libro, appena arrivato, una delle ricette che mi sono subito segnata era proprio questa (i miei libri sono disseminati di post it, attaccati alle ricette che voglio provare). Naturalmente, appena ho letto il titolo (risotto di orzo) già sapevo che avrei dovuto fare una grande opera di persuasione nei confronti del maritozzo. Eh sì, perché io sapevo benissimo che l’orzo non lo mangia. E’ proprio una cosa che non gli piace. Eppure, potevo far leva su quell’unica volta che lo aveva mangiato di gusto. Eravamo in un ristorante che adoravamo e glielo avevano portato fatto a risotto con zucca e stracchino. Si era leccato pure le punte delle orecchie 😀 Con la consapevolezza di potermi giocare questa carta, gli ho fatto la proposta. Naturalmente la prima risposta è stata negativa. Totalmente negativa. Poi però, piano piano, con un’opera di convincimento che mi ha tolto le forze, alla fine ha ceduto e mi ha detto: “Okay, e fallo. Però voglio qualcosa di riserva, così se non mi piace lo lascio e mangio quella”. Okay, ci potevo stare. In fondo neanche io sapevo come sarebbe venuto, ma almeno così lo avrei potuto provare.
Insomma alla fine, domenica scorsa, ho deciso che l’orzotto di Ottolenghi sarebbe stato il nostro pranzo. Dopo un’oretta di preparazione – c’è quasi voluto di più a prendere e risistemare tutti gli ingredienti 😀 – l’orzotto era pronto. Ho fatto i piatti pregando che gli piacesse. Mica per altro, solo per poter dire ancora una volta TE L’AVEVO DETTO CHE ERA BUONO!
Ora, dovete sapere che io mio marito lo conosco meglio delle mie tasche. E so quando una cosa gli piace o no. E, sia chiaro, se non gli piace la lascia nel piatto. Senza fare storie o scenate, per carità, ma non la mangia o non la finisce. Quando ho visto quindi che mangiava l’orzo CON GUSTO, io già gongolavo. Ma lui, maledetto, perché lo sapeva che io stavo morendo dentro, non mi diceva nulla. Alla fine, naturalmente, ho sbottato e gli ho chiesto: “Beh? Ti piace? Sì, ti piace, lo vedo”. All’inizio ha provato a dire di no, a sminuire, a dire che lo stava mangiando solo per fame, perché sa che io così divento una iena. Ma poi ha finalmente sputato il rospo e detto che sì, era buonissimo, gli era piaciuto e dovevo anche rifarglielo.
Che soddisfazione immensa.
TE L’AVEVO DETTO!
***Ricetta tratta da Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamini***
Ingredienti (per 4 persone):
200 grammi di orzo perlato
30 grammi di burro
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
2 piccoli gambi di sedano tagliati a dadini
2 piccoli scalogni tagliati a dadini
4 spicchi di aglio pestati con uno spremiaglio (io ne ho messi 2)
4 rametti di timo fresco
1/2 cucchiaino di paprika affumicata
1 foglia di alloro
4 strisce di scorza di limone bio
1/4 di cucchiaino di peperoncino in fiocchi
400 g di pomodori pelati tagliati a pezzi
700 ml di brodo vegetale*
300 ml di passata di pomodoro
1 cucchiaino di semi di carvi (o cumino, se non li avete)
300 grammi di feta
1 cucchiaio di foglie di origano fresco
Sale*Per il brodo vegetale: mettete in una casseruola 2 carote, 1 cipolla, 1 spicchio di aglio e 1 costa di sedano tagliati grossolanamente. Unite anche dei gambi di prezzemolo, una foglia di alloro e dei grani di pepe. Aggiungete 2 cucchiai di olio e fate rosolare per un paio di minuti. Aggiungete 750 ml di acqua, incoperchiate e cuocete per 20-30 minuti dal bollore.
Sciacquate accuratamente l’orzo sotto l’acqua fredda e scolatelo. Fate fondere in una casseruola capiente o una risottiera il burro, e 2 cucchiai di olio e fatevi rosolare per 5 minuti il sedano, lo scalogno e l’aglio, fino a farli ammorbidire. Aggiungete l’orzo, il timo, la paprika, la foglia di alloro, la scorza di limone, il peperoncino, i pomodori, il brodo, la passata e mezzo cucchiaio di sale. Rimestate per amalgamare e portate tutto a bollore, quindi abbassate il fuoco e fate sobbollire per 45 minuti, mescolando spesso (soprattutto negli ultimi 10 minuti, quando l’orzo tenderà ad attaccarsi). A cottura terminata, l’orzo dovrà essere tenero e gran parte del liquido dovrà essersi assorbito.
Durante la cottura dell’orzo, tostate in un padellino antiaderente i semi di carvi, quindi pestateli leggermente, lasciandone alcuni interi. Sbriciolate con le mani la feta in una ciotola unendo i semi di carvi e gli altri due cucchiai di olio. Mescolate delicatamente. (Io ho aggiunto un filo di olio in più).
Quando l’orzotto sarà pronto, assaggiate, regolate eventualmente di sale e suddividetelo in quattro ciotole. Completate ciascuna porzione con la feta marinata e delle foglioline di origano fresco.
– Il segreto di un buon risotto – in questo caso orzotto – è il brodo. Per fare il vegetale descritto sopra non ci vuole nulla, solo una pentola in più e 20 minuti di tempo. Provatelo e non ve ne pentirete 🙂
– Un’amica lo ha provato con la ricotta al posto della feta, e le è piaciuto da morire comunque. Usate in ogni caso l’una o l’altra, perché il sapore fresco del formaggio aiuta a smorzare il gusto forte del pomodoro.Note:
– Nella ricetta non è indicato come preparare il brodo vegetale. Visto che per me un buon brodo è importante per un buon risotto, ho preso la ricetta da Vegetariano Gourmand del caro Hugh 😀
– Inizialmente pensavo che le quantità fossero un po’ risicate. Alla fine ho deciso però di fare esattamente metà dose (eravamo in due) visto che il maritozzo mi aveva boicottato l’idea, dicendo che a lui l’orzo assolutamente non piaceva. Alla fine se l’è letteralmente divorato, ma le proporzioni erano giustissime. Con 50 grammi di orzo per uno ne viene una bella ciotola colma, che sazia parecchio.
– Forse 300 grammi di feta sono un po’ troppi. Secondo me dipende anche da quanto piace e da quanta se ne aggiunge nei piatti. Noi l’abbiamo aggiunta quasi tutta. Il resto l’abbiamo mangiata la sera spalmata sui crostini. Ottima.
– La ricetta è estremamente semplice e ben spiegata.
– Ottolenghi nell’introduzione alla ricetta dice che questo è un piatto che piace anche ai bambini. Beh, io lo confermo. E’ piaciuto tantissimo a mio nipote di 5 anni – che di base è inappetente. Lo ha mangiato di gusto e ha addirittura finito il suo piatto! La mamma era commossa 😀
– Un’amica lo ha provato con la ricotta al posto della feta, e le è piaciuto da morire comunque. Usate in ogni caso l’una o l’altra, perché il sapore fresco del formaggio aiuta a smorzare il gusto forte del pomodoro.Note:
– Nella ricetta non è indicato come preparare il brodo vegetale. Visto che per me un buon brodo è importante per un buon risotto, ho preso la ricetta da Vegetariano Gourmand del caro Hugh 😀
– Inizialmente pensavo che le quantità fossero un po’ risicate. Alla fine ho deciso però di fare esattamente metà dose (eravamo in due) visto che il maritozzo mi aveva boicottato l’idea, dicendo che a lui l’orzo assolutamente non piaceva. Alla fine se l’è letteralmente divorato, ma le proporzioni erano giustissime. Con 50 grammi di orzo per uno ne viene una bella ciotola colma, che sazia parecchio.
– Forse 300 grammi di feta sono un po’ troppi. Secondo me dipende anche da quanto piace e da quanta se ne aggiunge nei piatti. Noi l’abbiamo aggiunta quasi tutta. Il resto l’abbiamo mangiata la sera spalmata sui crostini. Ottima.
– La ricetta è estremamente semplice e ben spiegata.
– Ottolenghi nell’introduzione alla ricetta dice che questo è un piatto che piace anche ai bambini. Beh, io lo confermo. E’ piaciuto tantissimo a mio nipote di 5 anni – che di base è inappetente. Lo ha mangiato di gusto e ha addirittura finito il suo piatto! La mamma era commossa 😀
Detto questo, naturalmente la ricetta è
PROMOSSA A PIENI VOTI
Araba Felice dice
Accidenti ti sei scatenata a questo giro, grazie 😀
E la recensione di Jerusalem è qui http://www.menuturistico.com/2013/02/helbeh-torta-al-fieno-greco-per-lo.html, all'epoca non c'era ancora un blog dedicato a Starbooks ma un appuntamento settimanale sui nostri blog personali 🙂
lacucinadiziaale dice
Aahhahaa! Sì, esatto! Le melanzane le avevo fatte a fine agosto e le avevo tenute "in caldo" per voi. Questa non era prevista, ma poiché è capitato che abbia comprato Jerusalem un paio di settimane fa… ho colto l'occasione 😀
Grazie, vado a leggere la recensione! 🙂
La Gaia Celiaca dice
grazie per la tua doppia partecipazione, non sai quanto ci faccia piacere.
poi con questi piatti così nelle corde di noi starbooker!
bellissimo!
lacucinadiziaale dice
Grazie a voi come sempre! 😀
๓คקเ dice
Jerusalem è uno dei libri cardine della mia cucina, uno di quelli che se non l'avessero scritto ci saremmo persi un sacco di cose magnifiche. Se ho comperato tutti i libri di Ottolenghi (e preordinato quello che uscirà la settimana prossima) è proprio grazie a Jerusalem…
Detto questo, passiamo alla ricetta. Meravigliosa, piena di gusto, di colori, di sapori… e se è piaciuta anche al nipote inappetente, direi che questa è la promozione più importante!
Grazie di cuore per la doppia partecipazione, e anche per la starbookata incrociata: ricetta di Yotam, brodo di Hugh… You're a true Redoner!!!! 😀
lacucinadiziaale dice
Grazie Mapi!
Hai proprio ragione, Jerusalem è uno di quei libri che ti cambia. Ti apre la mente, ti fa fare cose che magari prima non avevi mai pensato, e dico così anche se ce l'ho da pochissimo!
Bacio e a presto 😀 Che bello che questo mese sarò dei vostri, non vedo l'ora!